ORIZZONTI RITROVATI
Un omaggio a chi osserva immobile e silente il mondo da una posizione che ora ha perduto
Il progetto nasce nei primi giorni dell’anno 2013 in seguito al fortuito incontro con tre figure nascoste dietro un grande affresco riportato su tela. Erano le tre sculture (i tre angeli) che un tempo si trovavano sull’edicola tardogotica posta verso mezzogiorno della Basilica di Santa Maria Maggiore di Bergamo e che ora sono stati sostituiti da copie.
Il loro sguardo infinito ed immutabile è ora stato interrotto.
Da qui il desiderio di restituire un frammento di quell’orizzonte perduto.
Un piccolo schermo posto di fronte al volto degli angeli mostrava agli occhi di pietra il trascorrere di ventiquattro ore, in un video in time lapse.
La ripresa è stata fatta esattamente dal punto nel quale i silenti testimoni hanno risieduto per anni.
Ciò che più mi interessa è il riverbero vibrante della luce che anima i volti pietrificati.
Nel 2013 un nuovo incontro, a Genova, al Castello d’Albertis | Museo delle Culture del Mondo, dove il mio sguardo ha provato ad accompagnare quello di Colombo Giovinetto di Giulio Monteverde in direzione delle lontane americhe.
Il progetto si ampliato ed ha iniziato a prendere corpo alla GAM di Genova ed il Museo Bernareggi di Bergamo, dove a due diverse opere sono stati restituiti i relativi orizzonti.
Un omaggio a chi osserva immobile e silente il mondo da una posizione che ora ha perduto
Il progetto nasce nei primi giorni dell’anno 2013 in seguito al fortuito incontro con tre figure nascoste dietro un grande affresco riportato su tela. Erano le tre sculture (i tre angeli) che un tempo si trovavano sull’edicola tardogotica posta verso mezzogiorno della Basilica di Santa Maria Maggiore di Bergamo e che ora sono stati sostituiti da copie.
Il loro sguardo infinito ed immutabile è ora stato interrotto.
Da qui il desiderio di restituire un frammento di quell’orizzonte perduto.
Un piccolo schermo posto di fronte al volto degli angeli mostrava agli occhi di pietra il trascorrere di ventiquattro ore, in un video in time lapse.
La ripresa è stata fatta esattamente dal punto nel quale i silenti testimoni hanno risieduto per anni.
Ciò che più mi interessa è il riverbero vibrante della luce che anima i volti pietrificati.
Nel 2013 un nuovo incontro, a Genova, al Castello d’Albertis | Museo delle Culture del Mondo, dove il mio sguardo ha provato ad accompagnare quello di Colombo Giovinetto di Giulio Monteverde in direzione delle lontane americhe.
Il progetto si ampliato ed ha iniziato a prendere corpo alla GAM di Genova ed il Museo Bernareggi di Bergamo, dove a due diverse opere sono stati restituiti i relativi orizzonti.
(I) GAM Genova | 2014
L’ultimo orizzonte di Daniele Capra
La siepe del monte Tabor presso Recanati è da quasi due secoli il più celebre esempio di negazione dello sguardo della letteratura italiana. Nella magistrale lirica L’infinito, Leopardi tratteggia infatti il potenziale immaginifico e la possibilità sovversiva di raffigurarsi «interminati spazi» oltre quegli arbusti che bloccano la vista. La siepe non è così banalmente elemento ostativo che impedisce di vedere il paesaggio celato che si srotola oltre la sua presenza, ma diventa l’innesco che permette il poeta – ed il lettore – di fantasticare e di smarrirsi in una condizione inquieta di indeterminatezza, di sospensione temporale e mistica sehnsucht. La fantasia e la forza dell’intelletto trasformano la negatività della privazione visiva in una spinta intellettuale ad immaginare un mare in cui lasciar annegare il proprio pensiero, in un panteismo cosmico.
Benché non manchino in antichità edifici dedicati alle Muse ed al loro culto, il museo per come noi lo percepiamo è una costruzione moderna che si concretizza e si affina a partire dal Settecento. A partire da quel momento il museo si è progressivamente caratterizzato per essere il luogo deputato a conservare, restaurare, valorizzare e far conoscere ai cittadini quegli elementi di rilevanza che l’arte, la storia e la cultura ci hanno lasciato in eredità. È quindi un’istituzione finalizzata a trattenere ciò che è significativo e che si vuole preservare dalle insidie delle miserie umane e dalle offese dello scorrere del tempo: è una struttura finalizzata a sottrarre alla storia quello che esso protegge.
Il progetto Orizzonti ritrovati di Clara Luiselli nasce dalla necessità di ricondurre al flusso della storia alcune opere di collezioni museali che per necessità conservative sono state collocate in musei, muovendole dalla loro originale ubicazione. L’artista mira a ristabilire alcuni elementi di continuità visiva riportando allo sguardo originario statue ed opere d’arte che sono ora in quella che è inevitabilmente una condizione di prigionia, imposta dalla propria caducità e dalla propria fragilità materiale.
In particolare il progetto realizzato per la Galleria d’Arte Moderna di Genova è rivolto al bronzo antropomorfo L’Autunno, di Edoardo De Albertis, prodotto nel 1925 per l'Exposition International des Arts Décoratifs di Parigi e collocato nei giardini dell’Orto Botanico fino ai tardi anni Novanta, quando la scultura venne restaurata e allestita all’interno del museo genovese. Clara Luiselli ha infatti documentato l’orizzonte che la scultura aveva con una telecamera, registrando per una giornata intera il ritaglio di mondo verso cui volgeva gli occhi la statua. Successivamente di fronte all’opera è stato collocato un monitor che trasmette proprio il flusso delle immagini registrate, quasi a risarcirla della vista di quel pezzo di paesaggio di cui era stata privata, riequilibrando quel torto da imputarsi all’azione antropica, ambientale e all’inarrestabile ticchettio del tempo.
È una ricerca del tempo perduto, quella messa in atto da Clara Luiselli, che in questo processo non è interessata a mettere in atto una relazione con lo spettatore quanto piuttosto a ricondurre allo stato primigenio l’opera del De Albertis. L’osservatore è cioè esclusivamente un testimone di un’azione finalizzata ad altri: a lui spetta il ruolo di colui che registra l’evento, una sorta d’impotente convitato di pietra, mentre la scultura – che è un essere inanimato – ha il privilegio di essere il destinatario dell’azione, colui che gode cioè delle immagini e dell’orizzonte ritrovato.
Il video che scorre di fronte agli occhi della scultura mette l’opera in una condizione di duplicità per il giustapporsi di due differenti orizzonti temporali: quello della propria storia, quasi centenaria, e quello del presente (seppure non cronologicamente tracciabile), testimoniato dal prelievo realizzato dall’artista, che le viene costantemente trasmesso di fronte. Coesistono questi due momenti, ignorandosi e sovrapponendosi senza mai entrare in diretta relazione. Coesistono anche due mondi di immagini, quello statico della statua con le sue forme déco e quello sfuggevole del mondo che parla ai suoi occhi grazie all’azione dell’artista. Spetta all’osservatore ricomporre questa dicotomia, vedere quell’orizzonte negato, oltre la realtà su cui getta il proprio sguardo e oltre la siepe della propria immaginazione.
La siepe del monte Tabor presso Recanati è da quasi due secoli il più celebre esempio di negazione dello sguardo della letteratura italiana. Nella magistrale lirica L’infinito, Leopardi tratteggia infatti il potenziale immaginifico e la possibilità sovversiva di raffigurarsi «interminati spazi» oltre quegli arbusti che bloccano la vista. La siepe non è così banalmente elemento ostativo che impedisce di vedere il paesaggio celato che si srotola oltre la sua presenza, ma diventa l’innesco che permette il poeta – ed il lettore – di fantasticare e di smarrirsi in una condizione inquieta di indeterminatezza, di sospensione temporale e mistica sehnsucht. La fantasia e la forza dell’intelletto trasformano la negatività della privazione visiva in una spinta intellettuale ad immaginare un mare in cui lasciar annegare il proprio pensiero, in un panteismo cosmico.
Benché non manchino in antichità edifici dedicati alle Muse ed al loro culto, il museo per come noi lo percepiamo è una costruzione moderna che si concretizza e si affina a partire dal Settecento. A partire da quel momento il museo si è progressivamente caratterizzato per essere il luogo deputato a conservare, restaurare, valorizzare e far conoscere ai cittadini quegli elementi di rilevanza che l’arte, la storia e la cultura ci hanno lasciato in eredità. È quindi un’istituzione finalizzata a trattenere ciò che è significativo e che si vuole preservare dalle insidie delle miserie umane e dalle offese dello scorrere del tempo: è una struttura finalizzata a sottrarre alla storia quello che esso protegge.
Il progetto Orizzonti ritrovati di Clara Luiselli nasce dalla necessità di ricondurre al flusso della storia alcune opere di collezioni museali che per necessità conservative sono state collocate in musei, muovendole dalla loro originale ubicazione. L’artista mira a ristabilire alcuni elementi di continuità visiva riportando allo sguardo originario statue ed opere d’arte che sono ora in quella che è inevitabilmente una condizione di prigionia, imposta dalla propria caducità e dalla propria fragilità materiale.
In particolare il progetto realizzato per la Galleria d’Arte Moderna di Genova è rivolto al bronzo antropomorfo L’Autunno, di Edoardo De Albertis, prodotto nel 1925 per l'Exposition International des Arts Décoratifs di Parigi e collocato nei giardini dell’Orto Botanico fino ai tardi anni Novanta, quando la scultura venne restaurata e allestita all’interno del museo genovese. Clara Luiselli ha infatti documentato l’orizzonte che la scultura aveva con una telecamera, registrando per una giornata intera il ritaglio di mondo verso cui volgeva gli occhi la statua. Successivamente di fronte all’opera è stato collocato un monitor che trasmette proprio il flusso delle immagini registrate, quasi a risarcirla della vista di quel pezzo di paesaggio di cui era stata privata, riequilibrando quel torto da imputarsi all’azione antropica, ambientale e all’inarrestabile ticchettio del tempo.
È una ricerca del tempo perduto, quella messa in atto da Clara Luiselli, che in questo processo non è interessata a mettere in atto una relazione con lo spettatore quanto piuttosto a ricondurre allo stato primigenio l’opera del De Albertis. L’osservatore è cioè esclusivamente un testimone di un’azione finalizzata ad altri: a lui spetta il ruolo di colui che registra l’evento, una sorta d’impotente convitato di pietra, mentre la scultura – che è un essere inanimato – ha il privilegio di essere il destinatario dell’azione, colui che gode cioè delle immagini e dell’orizzonte ritrovato.
Il video che scorre di fronte agli occhi della scultura mette l’opera in una condizione di duplicità per il giustapporsi di due differenti orizzonti temporali: quello della propria storia, quasi centenaria, e quello del presente (seppure non cronologicamente tracciabile), testimoniato dal prelievo realizzato dall’artista, che le viene costantemente trasmesso di fronte. Coesistono questi due momenti, ignorandosi e sovrapponendosi senza mai entrare in diretta relazione. Coesistono anche due mondi di immagini, quello statico della statua con le sue forme déco e quello sfuggevole del mondo che parla ai suoi occhi grazie all’azione dell’artista. Spetta all’osservatore ricomporre questa dicotomia, vedere quell’orizzonte negato, oltre la realtà su cui getta il proprio sguardo e oltre la siepe della propria immaginazione.
(II) Ex Oratorio di San Lupo | Museo Bernareggi Bergamo | 2015
dal testo di Daniele Capra per la mostra Se tremo sull'orlo
Gli spazi ipogei dell’Ex Oratorio ospitano invece la seconda tappa di Orizzonti Ritrovati, progetto mirato ridare l’orizzonte dello sguardo ad opere mosse dalla propria originaria collocazione (usualmente per motivi di conservazione), fornendo una sorta di momentaneo rimedio rispetto all’incessante aggressività del tempo. Dopo la prima esperienza alla Galleria di Arte Moderna di Genova, Clara Luiselli ha scelto un’opera del bergamasco alla quale ha in qualche modo restituito il proprio orizzonte perduto, consentendole di rivedere il luogo originario sul quale la scultura non ha più possibilità di vegliare. Lo sguardo dell’opera antica verso quel ritaglio di mondo, interrotto dalla storia, sarà così, seppur momentaneamente, risarcito. |
by Daniele Capra's text for the exhibition Se tremo sull'orlo (If I tremble on the edge)
The underground spaces of Ex Oratorio host the second step of the project Orizzonti Ritrovati (Found Horizons), an installation based on restoring the original skyline of the artworks moved from their original location (as often happens for conservation needs), providing a momentary relief to the inexorable violence of the time. After the first event hosted at the Gallery of Modern Art of Genoa, Clara Luiselli chose a work of Bergamo area and give it his lost horizon, allowing the sculpture to see again the original venue was made for. The eyes of the ancient artwork will be compensated, albeit momentarily. |