HOME SWEET HOME
2001-2011 Una serie di “cartamodelli” ricamati a macchina sopra delle coperte bianche riportano i tracciati di elementi d’arredo che appartengono a una casa, iniziando da quelli indispensabili, come il letto, la cucina a gas, il lavandino. Seguendo le indicazioni riportate sul tessuto è possibile ricostruire ogni oggetto in scala 1:1. Naturalmente queste carte contengono segni convenzionali e scritte che per essere compresi vanno conosciuti a priori. Ciascuna coperta rappresenta una porzione d’abitazione, è quindi possibile avvolgersi e scaldarsi pensando a una casa vera. “Home Sweet Home”, è la casa fai-da-te, maneggevole e leggera, pratica per chi non ha luogo dove stare o per chi si trova spesso in viaggio. Le uscite, come per ogni periodico che si rispetti, sono a scadenza mensile e con pazienza e tenacia, prima o poi chiunque potrà avere una casa; o per lo meno avere la parvenza di possederne una. |
HOME SWEET HOME
2001-2011 |
"Il filosofo rumeno Mircea Eliade parla della casa – in senso ontologico, non solo geografico – e, con una bella espressione, la definisce “il centro del reale”.
La casa, ci dice, è l’intersezione di due linee: una verticale, l’altra orizzontale. La linea verticale ha il paradiso, o l’aldilà, a una estremità, e il mondo dei morti dall’altra. Il piano orizzontale è costituito dai traffici di questo mondo, che non si fermano mai: i nostri traffici e quelli degli altri che si affaccendano attorno a noi. La casa è molto più di un rifugio: la casa è il nostro centro di gravità. I popoli nomadi imparano a portare con sé le loro case, e gli oggetti familiari vengono ridisposti o ricostruiti di luogo in luogo. Quando traslochiamo, portiamo con noi l’idea della casa, un’idea invisibile ma di grande forza. Per salvaguardare la nostra sanità mentale e la continuità delle nostre emozioni non dobbiamo necessariamente rimanere nella stessa casa o nello stesso luogo, ma abbiamo bisogno di una solida struttura interiore, e questa struttura è costituita anche da ciò che avviene fuori di noi. Il dentro e il fuori delle nostre vite sono i gusci dove impariamo a vivere. Quando me ne sono andata da casa, a sedici anni, ho comprato un piccolo tappeto. Era il mio mondo arrotolato. Lo srotolavo in qualunque stanza, in qualunque alloggio provvisorio dove mi sia capitato di abitare. Era la mappa di me stessa. Invisibili agli occhi degli altri, ma racchiuse nel tappeto, erano tutte le stanze in cui avevo vissuto, per qualche settimana, per qualche mese. Quando dormivo per la prima volta in un luogo estraneo, mi sdraiavo sul letto e traevo conforto nel guardare il tappeto: mi ricordava che avevo tutto ciò che mi serviva, anche se quel che avevo era così poco." Perché vuoi essere felice se puoi essere normale, Jeanette Winterson |